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Fiat lux obtinuit tenebris, nota a margine degli Stati Generali della Provincia di Frosinone

Essere o non essere. Una faccenda da dentro o fuori. E’ un dubbio amletico, per i più inconfessabile, quello che vola sulle teste dei decisori. E’ tanto grave da risultare incredibile, così inquietante da volerlo dimenticare. Deflagra nelle coscienze proprio quando il fortino di piazza Gramsci schiude le porte agli Stati Generali ed è, senza giri di parole, la potenziale vertenza industriale delle vertenze industriali.

QUELLA PREOCCUPANTE OPERAZIONE IMMOBILIARE

La ex Fiat di Piedimonte San Germano, ora uno dei tanti stabilimenti Stellantis, cede la storica e gloriosa palazzina dei capoccia, vende il suo cuore amministrativo, il suo centro nevralgico e strategico. Un’operazione che denuncia una realtà semplicissima e agghiacciante: quel cuore e quel cervello, da tempo, non stanno più lì. E neanche a Torino. Nessuno che sia sano di mente può credere che vendere le mura al centro dell’impianto industriale più grande e importante del Lazio sia solo un’operazione immobiliare e il dubbio tormentoso, a mezzo secolo dall’inaugurazione di quello stabilimento, è che sia invece l’inizio della chiusura di un cerchio vitale, dopo l’abbandono da tempo di un andamento iperbolico. Insomma, nonostante le rassicurazioni, si teme un forte ridimensionamento di Piedimonte e l’inizio dell’addio in lenta dissolvenza oppure una sanguinosa riconversione. Sarebbe un vero disastro per l’economia del Lazio. il buio totale dopo mezzo secolo di luci e ombre.

LA STORIA DA NON DIMENTICARE

Non è certo la prima volta che si teme l’addio della Fiat a Piedimonte e il tracollo del suo enorme indotto. La storia è costellata di vari e indelebili avvenimenti alcuni dei quali da appuntare sul petto di una classe dirigente, in tutte le componenti (politiche, sociali, sindacali e religiose). Non è certo dimenticabile la manifestazione del 2002, quella che vide alla testa del corteo, insieme al presidente della Provincia Francesco Scalia, al senatore Oreste Tofani e a un numero enorme di assessori provinciali, sindaci, sindacalisti, rappresentanti dei partiti e maestranze, l’abbate di Montecassino, Dom Bernardo D’Onorio (nella foto). Una manifestazione e una serie di azioni di contorno che risultarono vincenti.

DOM BERNARDO, FRANZO GRANDE STEVENS E GIANNI AGNELLI

La Fiat, agli inizi del nuovo millennio, perdeva cinque milioni di euro al giorno e il debito spaventoso accumulato nel decennio precedente si aggravava ad ogni istante. Non fu solo Cassino a temere ma tutta Italia. Alle manifestazioni di protesta, qualcuno aggiunse altre operazioni e, per quel che ci riguarda, risultò di grande importanza la visione dell’Abate Bernardo. Montecassino individuò nell’avvocato dell’Avvocato Franzo Grande Stevens (come riporta il Centro di Documentazione e Studi Cassinati) l’obiettivo da raggiungere per ottenere l’unica udienza che poteva contare davvero. Franzo, classe 1928, era stato collegiale a Montecassino, dove si era formato nei suoi primi anni di studio. Dopo febbrili e concitati momenti organizzativi la conferma dell’appuntamento arrivò a tarda sera per la prima mattina del giorno seguente. Di notte a Cassino fu fatta riaprire l’agenzia di viaggi Pacitto per fare i biglietti d’aereo per l’Abate e il sindaco Scittarelli. Atterrarono alle prime luci all’aeroporto di Caselle dove li attendeva un’auto della Fiat. L’incontro con Gianni Agnelli non durò molto ma l’Avvocato, ascoltate le motivazioni di D’Onorio e Scittarelli, prese con loro un impegno d’onore. Il 9 ottobre del 2002 la FIAT chiese lo stato di crisi e annunciò 9000 esuberi e i restanti 36.000 in Cassa Integrazione a zero ore. Fu l’inizio della fine per gli stabilimenti di Termini Imerese e Arese. Piedimonte pagò con 1000 esuberi e passò da 4.500 a 3.500 operai (Pomigliano D’Arco e Melfi non ebbro conseguenze).

L’IMPORTANTE EREDITA’ DELLA LEGGE REGIONALE SULL’INDOTTO

Se le voci di chiusura per Piedimonte furono fugate anche dall’iniziativa popolare, dal blocco sindacale e certamente molto per l’iniziativa di una personalità molto potente dell’epoca come poteva essere l’Abate di Montecassino, la politica ci mise del suo. Fu in quelle circostanze che, meno di due mesi dopo il drammatico annuncio sugli esuberi, il 31 dicembre del 2002 la Regione Lazio, sotto la presidenza di Francesco Storace (guarda un po’, un cassinate) varò la legge regionale 46/02, meglio nota come “Legge sull’Indotto Fiat”. Per mezzo di quella legge la Regione Lazio mise a disposizione delle aree industriali del Lazio Meridionale gli strumenti necessari per rinforzare la competitività del sistema produttivo, mediante interventi di riqualificazione per implementare le potenzialità del territorio. Quella legge è stata rifinanziata anche per un programma operativo di interventi tra il 2016 e il 2018 (governo Zingaretti) e, con un’azione corale tra sindacato e Consorzi industriali ASI e COSILAM è stata ulteriormente rifinanziata al termine di quel programma, nel bilancio 2018 della Regione.

ORA IL TERRITORIO E’ PIU’ DEBOLE MA LA RESPONSABILITA’ RESTA LA STESSA

Oggi non c’è uno Stevens da contattare e la stanza dei bottoni da raggiungere per avere lumi su quel che potrà accadere a Piedimonte è lontanissima e, anzi, praticamente ignota. Il ruolo e le responsabilità della politica e dei decisori di questo territorio però non sono diversi da quelli di un quarto di secolo fa. Se Montecassino non ha più la competenza territoriale che aveva un tempo per scelte insindacabili del Vaticano e la Provincia, a causa di una scellerata e idiota visione che la voleva inutile e da abolire, non ha certo la potenza che poteva mettere in campo Scalia, il ruolo strategico del parlamentino di Piazza Gramsci può tornare utile magari riprendendo al più presto la denominazione di “Comitato per lo Sviluppo e il Lavoro della Provincia di Frosinone”, cioè lo strumento istituzionale, stabile, del quale l’ente di Palazzo Jacobucci è dotato dai tempi di Iannarilli, che ha prodotto il primo Accordo di Programma e l’ottenimento dell’Area di Crisi Complessa. La situazione non necessita di eventi straordinari ma di un’azione permanente.

Dario Facci

Giornalista, fotoreporter e videomaker. Suoi articoli sui quotidiani: L’Unità, La Repubblica, sui mensili Lo Stato delle Cose, Qui Magazine, Numero Zero, To Be, O. Ha lavorato presso le redazioni di RadioTeleMagia, RTM Televisione, TVN Televisione; ha condotto una trasmissione presso RadioDay. Ha diretto entrambi i quotidiani frusinati Ciociaria Oggi e La Provincia Quotidiano; coordinatore dell’edizione provinciale del quotidiano L’Opinione diretto da Arturo Diaconale; direttore del bimestrale di cucina professionale Accademia del Buongustaio; direttore del mensile Perté, del settimanale Perté Week e del quotidiano online Perté Online. Suoi articoli appaiono su TG24.info, sul quotidiano online TuNews24.it e sul settimanale cartaceo Tu News. È autore dei blog dariofacci.it e lacucinadellazio.com. Sue fotografie sono state pubblicate da giornali italiani ed esteri.