Fiat di Cassino story – Mezzo secolo e poi? (prima parte)
PREMESSA
Tutto iniziò con l’Autostrada del Sole
Il 1962 fu l’anno zero della provincia di Frosinone come terra di lavoro industriale. Con l’apertura dell’Autostrada del Sole si mise in moto un enorme meccanismo: solo un anno dopo la Cassa per il Mezzogiorno approvò la costituzione del NIF (Nucleo Industrializzazione di Frosinone). E’ il progenitore dell’ASI, la celeberrima Area di Sviluppo Industriale giunta ai giorni nostri, che vide la luce nel 1967.
L’ECONOMIA DEL LAZIO NON DECOLLA E SPECIALMENTE LA PROVINCIA DI FROSINONE DIVENTA UN CASO
La politica dei nuclei industriali viene giudicata insufficiente dalla politica che, all’epoca, era capace di ragionare in chiave strategica e l’economia debole del Lazio come pure l’insufficiente omogeneità della crescita del centro-sud preoccupano. Il caso Frosinone desta particolare preoccupazione.
Al microscopio anche la situazione poco rassicurante dell’andamento dell’agricoltura nel Lazio e arrivò la decisione di superare l’ente Maremma che univa il sud della Toscana con il nord del Lazio per formare un unico ente dell’agricoltura del Lazio. Il Parlamento negli anni Sessanta contava molto più di adesso nella fase decisoria e quando arrivò “l’invito” al Governo di attivarsi per definire un programma di investimenti impegnarsi per convocare una conferenza interministeriale che individui misure concrete al fine di garantire i livelli occupazionali e uno sviluppo organico.
L’11 e 12 novembre 1968 si tenne un dibattito alla Camera dei Deputati che mise in evidenza la particolare crisi strutturale dell’economia del Frusinate. Si registrarono diverse interpellanze che denunciarono l’accentuarsi degli squilibri tra zone depresse e completamente tagliate fuori dai processi di sviluppo e quelle dove si sono concentrati determinati investimenti.
Dai verbali della seduta dell’11 novembre 1968 si evince l’unità di intenti praticamente dei rappresentanti di tutto l’arco costituzionale in favore di una spinta all’economia del Lazio: le singole interpellanze di ciascun partito ebbero come primi firmatari: Roberto Cantalupo (PLI), Giulio Caradonna (MSI), Attilio Iozzelli (DC), Lucio Libertini (PCI), Mario Pochetti (PCI), Nevol Querci (PSI). Tra i firmatari troviamo anche i deputati della provincia di Frosinone: Tullio Pietrobono (PCI), Franco Assante (PCI) e Augusto Fanelli (DC).
Sotto accusa anche l’esiguità dei sistemi viari (l’autostrada non basta) e tra le proposte strategiche memorabili del dibattito di quel periodo va ricordata l’esigenza di una trasversale Latina-Frosinone-Sora che, come sappiamo, non è mai stata realizzata (il collegamento tra Frosinone e Latina è attualmente ancora scandaloso a dispetto anche dell’ormai decennale tendenza a voler vedere i due territori sincroni nell’ambizione di sviluppo).
Emerge comunque nel dibattito l’individuazione dell’ASI come strumento più idoneo a incentivare l’industrializzazione dell’area.
IL PRIMO PIANO REGOLATORE ASI
Il primo Piano Regolatore dell’ASI, firmato dal suo primo presidente, Francesco Battista, fu varato nel 1972 e, il 27 marzo dello stesso anno viene approvato dalla Commissione Interministeriale per lo Sviluppo.
Per la cronaca (come riporta Ermisio Mazzocchi nel suo prezioso saggio “Partiti e Società nel Lazio Meridionale” ed. Carocci) alcune scelte di quel Piano finirono per accentuare alcuni disequilibri già in tendenza all’interno della provincia di Frosinone e frutto dell’esistenza di un asse viario migliore, soprattutto l’autostrada. Per esempio riportiamo un dato eloquente circa le contraddizioni esistenti già all’inizio degli anni Settanta: una realtà come quella di Anagni (all’epoca circa 16.000 abitanti) contava 17 industrie con oltre 50 addetti e, complessivamente, 3.103 lavoratori; quella di Sora (all’epoca circa 25.000 abitanti) contava solo 7 industrie con più di 50 addetti e un totale di 1617 unità lavorative. Tendenza che negli anni non muterà.
L’ARRIVO DELLA FIAT
E’ in questo sistema che si inserisce l’operazione che portò alla costruzione a Piedimonte San Germano dello stabilimento FIAT. Si legge chiaramente, non solo nella dinamica parlamentare e governativa ma anche nella scansione temporale degli eventi, un’esplicita volontà, un accordo senza impedimenti tra politica e azienda.
Già nel 1967 la direzione della FIAT aveva pensato e predisposto un intervento direttamente nel Mezzogiorno. Due anni dopo, il 18 settembre 1969, presentò il suo piano al senatore Giuseppe Caron, ministro del Bilancio. Solo qualche mese dopo, l’8 gennaio del 1970 il CIPE (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ratificò la proposta e appena due settimane dopo (!) Paolo Emilio Taviani, cioè il ministro della Cassa del Mezzogiorno, firmò il decreto della contrattazione programmatica.
I giornali diedero risalto alla cosa. A cancellare ogni dubbio un articolo de La Stampa, il giornale della FIAT, a firma A.Barone, il 23 gennaio 1970 titola: “Gli impianti Fiat nel Mezzogiorno. Queste le località dove sorgeranno”. A livello locale particolarmente informato l’articolo di Gianluca De Luca sulla Gazzetta Ciociara del 26 gennaio 1970. Nell’articolo dal titolo “Positiva conclusione del programma FIAT. Taviani ha firmato il decreto definitivo” si legge tra l’altro: (…) “il ministro invia ai parlamentari della provincia e ai dirigenti politici il seguente telegramma: “Sono lieto comunicarvi che a definitiva conclusione dell’iter della contrattazione programmatica riguardante il programma FIAT ho firmato oggi (22 gennaio) il parere di conformità relativo all’impianto di produzione di autoveicoli che si insedierebbe nell’agglomerato di Cassino-Pontecorvo”.
NEI PRIMI ANNI ’70 UN INVESTIMENTO DA 520 MILIARDI DI LIRE IN 6 ANNI
Il 30 aprile, all’assemblea degli azionisti FIAT, il presidente Gianni Agnelli annuncia l’ampliamento nelle regioni del Sud con un programma di investimenti di circa 250 miliardi di lire nel triennio 1970-72 e la possibile creazione di 19.000 posti di lavoro. Gli stabilimenti previsti sono: Cassino-Pontecorvo, Vasto, Termoli, Sulmona, Lecce, Nardò, Bari, Brindisi.
Una seconda trance di 270 miliardi lire sarà stanziata l’11 marzo del 1973 per il triennio ’73-’75 per costruire due nuovi stabilimenti (Val di Sandro e Piana del Sele), raddoppiare quelli esistenti a Cassino e Termini Imerese, potenziare quelli di Bari e di Napoli. L’investimento per Cassino fu di 53 miliardi di lire (circa 542 milioni di euro) e l’impiego di altri 3.000 operai.
(continua)