Studio Eures: occupazione in crescita in Ciociaria ma più precaria
Una ricerca dell’Eures, presentata a Fiuggi nel corso della due giorni organizzata dalla UilTUCS regionale, descrive una provincia con occupazione in aumento ma con in cui il lavoro è sempre più precario. Inoltre scende l’occupazione nel manufatturiero mentre il dato positivo è soprattutto nel terziario. Il dato sulla crescita è interessante perché su base quinquennale è cresciuta del 10,4%, a fronte di un decremento nel Lazio pari allo 0,2% e di un modesto aumento nazionale dello 0,6%.
L’occupazione nel Frusinate ha fatto registrare un +3,1% nel 2020 e addirittura un +7,2% nel 2021. Il dato 2022 resta in aumento con un +1,9%, in linea con quanto avvenuto sia a livello regionale sia nazionale. Del 2022 si deve notare un altro elemento interessante: la crescita in Ciociaria dell’occupazione femminile, con un +9,5%, e un contestuale decremento di quella maschile, con un -2,5%. Anche se resta preoccupante il dato sul Gender gap. Le donne infatti continuano a percepire retribuzioni inferiori a quelle maschili.
La ricerca Eures inoltre guarda la prospettiva settoriale e ricorda come, sempre nel 2022, i lavoratori del terziario abbiano raggiunto a Frosinone le 115.400 unità, pari al 67,2% degli occupati, a fronte dell’82,2% su scala regionale. “I 15 punti percentuali di scarto nel valore del terziario -ricorda Fabio Piacenti, curatore della ricerca- si spiegano considerando la rilevante vocazione industriale del Frusinate dove, infatti, il 31,8% degli occupati (54,6 mila in termini assoluti) è impegnato nelle sue attività (il 21,5% nel manifatturiero e il 10,3% in quello edile): un valore più che doppio rispetto al 15,1% registrato a livello regionale. L’edilizia (+49,2%) e il terziario (+11,6%) sono stati, nel 2022, trainanti per l’occupazione. In calo invece il settore manifatturiero (-3,9%) e agricolo (-2,1%). Il turismo infine torna ai livelli del 2019 ma la domanda nazionale prevale su quella internazionale”.
Tuttavia, spiega l’Eures, solo un contratto su quattro, nel 2022, è stabile, cioè a tempo indeterminato. Tendenza confermata dal primo semestre del 2023: “Il saldo – dice Contucci della UilTUCS – tra attivazioni e cessazioni indica un risultato positivo pari a +3.343 contratti (con 22.136 attivazioni e 18.793 cessazioni), che trova piena conferma anche su scala regionale, dove il saldo si attesta a +80,7 mila unità. La disaggregazione per tipologia contrattuale, tuttavia, mostra come il risultato positivo sia determinato da una progressiva erosione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, cui si contrappone una crescita di quelli atipici: nell’ultimo semestre considerato, il saldo negativo per i contratti a tempo indeterminato si attesta a Frosinone a -1.321 unità, raggiungendo nel Lazio le -8.321 unità”.
Nel 2022, le imprese registrate in Ciociaria sono poco più di 49mila, pari a circa l’8% del totale regionale (con 609,5 mila imprese), in crescita di circa 2,4 mila unità rispetto alle 46.600 mila del 2012: “La ricerca -afferma Contucci – conferma il processo di progressiva terziarizzazione della struttura economico-produttiva, in linea con lo spostamento dall’industria verso il terziario registrato a livello occupazionale, imponendo una seria riflessione sugli effetti specifici che queste trasformazioni comporteranno sulle condizioni del lavoro, sulla produzione di ricchezza, sull’attrattività e sulla competitività del territorio e anche sulla qualità del lavoro”.
La qualità del lavoro, capitolo a parte per la ricerca. I dati mostrano come nel 2022 i lavoratori dipendenti del settore privato non agricolo del Lazio con retribuzioni lorde medie annue inferiori a 10mila euro siano stati 485,1mila, pari al 28,2% dei dipendenti totali, laddove il 49% ha ottenuto una retribuzione compresa tra 10.000 e 29.999 euro, mentre per il restante 22,7% è risultata pari ad almeno 30.000 euro annui: “I dati -conclude Piacenti- mostrano come la percentuale dei lavoratori con retribuzioni inferiori a 10mila euro raggiunge il 31,1% nel terziario (il 23,2% nel solo comparto del commercio), dove il 48,3% delle retribuzioni si collocano nella fascia 10.000-29.999 euro, scendendo al 20,6% quelle con valori più alti. Sul fronte opposto, il settore industriale mostra valori decisamente più incoraggianti: i lavoratori che percepiscono meno di 10mila euro annui, infatti, rappresentano il 16% del totale relativo (11,1% nell’industria in senso stretto e a fronte del 24% nell’edilizia), mentre raggiungono il 51,5% quelli con retribuzioni comprese tra 10.000 e 29.999 euro ed al 32,5% i lavoratori con retribuzioni più consistenti.