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“Ceccano2030” in campo contro la violenza sulle donne: domenica un incontro per riflettere

“Ceccano2030 contro la violenza sulle donne! Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e il femminicidio. Come Ceccano2030 – è scritto in una nota stampa – abbiamo ritenuto indispensabile organizzare un’iniziativa al fine di sensibilizzare su questo tema così importante, unico momento ufficiale di riflessione per la città fabraterna, con un incontro che si svolgerà domenica 24 novembre alle 16 presso la sala parrocchiale di Santa Maria a Fiume con l’intervento di Flavia Montalto (autrice del libro “Non urlare… dillo alla luna”), di Pietro Alviti della Rete delle Associazioni, del Telefono Rosa Frosinone Regione Lazio Odv, di Ugualmente, di Laura Liburdi, Felicita Fusiello e Adriano Papetti per Ceccano2030.

Il 25 novembre – prosegue la nota – non è una data scelta a caso dall’ONU, ma proprio il 25 novembre del 1960, nella Repubblica Dominicana, si consumò il martirio di tre giovani donne, le sorelle Mirabal, uccise per il loro impegno di attiviste politiche contro il regime. Furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Questo 25 novembre non sarà sufficiente mettersi il fiocchetto rosso. Pochi giorni fa è stata uccisa Giulia, un’altra giovane donna. Uccisa per mano di un uomo. Un femminicidio. Un crimine ripetuto sempre più spesso. Nel 1993 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto che la violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne dichiarando che: «Il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna». 

Gli aspetti più importanti delle disparità sono, quindi, il risultato dei processi evolutivi, di una particolare collocazione del maschio e della femmina nell’ambiente naturale, nella società e in seno alla ‘famiglia’.  Anche le differenze fisiche possono essere viste come un retaggio del diverso ruolo svolto da i due sessi nelle antiche comunità: il maschio più grosso occupato nel dispendioso e rischioso lavoro della caccia; la femmina di statura minore e con muscoli poco sviluppati.

Anche oggi in seno alla famiglia e alla società i maschi sono forti e muscolosi. Sanno farsi rispettare. Se la cavano sempre da soli. Non piangono e non frignano per non essere chiamati femminucce. Le femmine invece sono sensibili, piangono e devono essere un poco fragili per non essere chiamate maschiacci. I maschi controllano e proteggono le femmine e a qualsiasi età fanno gli uomini di casa. Le femmine li sostengono e si sottomettono abbastanza. La differenza, la disparità la facciamo noi, la nostra cultura, il modo in cui cresciamo i nostri figli. Con questo “noi” non si intendono solo i genitori o chi si prende cura dei piccoli ma la società tutta. Anzi, i genitori non potranno mai fare abbastanza perché ad ogni azione educativa della famiglia ne corrisponde una esterna che la contraddice.

Al punto in cui siamo è necessaria un’azione ampia e costante per raggiungere il cambiamento culturale che noi tutti desideriamo. Contro una violenza fisica ma anche psicologica. Vista la profonda radicazione del problema non sarà semplice e nemmeno immediato. Cominciamo con l’educazione affettiva nelle scuole e nei luoghi frequentati dai piccoli. Cominciamo a crescere nuove generazioni libere dagli stereotipi di genere e libere emotivamente.

Liberiamo i maschi dall’obbligo di essere sempre forti e prestanti. Insegniamo ai nostri ragazzi a capire cosa sia la rabbia e la frustrazione. Cominciamo ad amare i nostri figli allo stesso modo senza declinazioni di genere. Cominciamo a fare le smancerie anche con i figli maschi, abituandoli agli abbracci, ai sentimenti, alle carezze, alle emozioni e alle lacrime senza paura di essere giudicati. Abituiamoli ad esternare le emozioni e ad avere pazienza anziché agire subito e con la forza.

Così per loro – si chiude la nota stampa – sarà più facile capire la differenza tra un si ed un no ed un giorno riusciranno a tollerare la volontà di una donna di interrompere una relazione. Ci vediamo domenica 24 novembre alle 16 presso la Sala parrocchiale di Santa Maria a Fiume, grazie al collettivo Ceccano2030, per gridare forte contro ogni forma di violenza contro le donne: rompiamo il silenzio, non una di meno perché non sei sola!”