Tra ritardi, disservizi e centri di potere, ecco a voi il Consorzio di ‘nonSviluppo’ Industriale. E il territorio ci rimette
Fornire tutto ciò che è funzionale all’insediamento e allo sviluppo delle imprese e dare alle aziende risposte in tempi rapidi, o comunque ragionevoli, affinché possano operare al meglio realizzando i propri progetti di sviluppo sul territorio. Tutto ciò rientra, o meglio rientrerebbe, nelle competenze di un consorzio industriale, che dovrebbe essere al fianco delle imprese e non trasformarsi in un ostacolo.
Situazione che invece, paradossalmente, si crea quando ci si scontra con il mostro della burocrazia, come purtroppo accade anche nel caso del Consorzio Industriale del Lazio.
Al punto che le imprese – desiderose solo di poter ben lavorare attraverso programmi di ammodernamento, crescita, sviluppo e creazione di nuovi insediamenti – finiscono con il trovarsi di fatto frenate, rallentate, quando non del tutto bloccate, dai ritardi, spesso abnormi e del tutto ingiustificati, con cui gli uffici competenti procedono nell’esaminare pratiche, nell’apporre firme, nel concedere o non concedere autorizzazioni o nulla osta, nel semplice dire “sì” o “no” ad una richiesta, nel tirare fuori un timbro e vistare un foglio o lasciarlo nel cassetto.
E così si finisce con il creare una situazione molto kafkiana in cui tante imprese vengono lasciate nel limbo dell’incertezza, del “non sapere”, dell’attesa. Il risultato? Si perde tempo prezioso, i progetti di sviluppo o di altro tipo restano al palo e gli imprenditori non hanno le risposte, positive o negative che siano, di cui avrebbero bisogno in tempi ragionevoli, comunque “certi”, per procedere con le loro attività.
In tale modo gli uffici deputati a questo tipo di lavoro si trasformano, magari senza volerlo, in veri e propri centri di potere, “stazioni” in cui i treni della crescita rischiano di rimanere fermi troppo a lungo con il pericolo di perdere occasioni altrimenti irripetibili. Centri di potere in cui, sicuramente in buona fede o per competenze lacunose, la burocrazia la fa da padrona, di frequente con esiti letali per le imprese, e dunque per il territorio stesso.
Eppure, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio per due volte la Vicepresidente e Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio, Roberta Angelilli, e il Commissario del Consorzio Industriale del Lazio, Raffaele Trequattrini, si sono confrontati, con i soci dell’Ente industriale e in commissione regionale, sulla necessità impellente e non rinviabile di cambiare marcia, di varare strategie capaci di andare incontro ai soci e al territorio. Addirittura, si è parlato, in quegli incontri, di riscrittura dello Statuto. “Uno strumento – si disse – che dovrà essere snello, pratico e rispondente alle esigenze delle imprese e del territorio”.
E invece niente: sono trascorsi quasi due mesi da quei primi incontri e nulla di concreto si è mosso. I problemi sono gli stessi e le imprese sono sempre costrette a bussare di continuo alla porta del Consorzio per avere risposte alle loro sacrosante istanze. Un quadro desolante, che richiederebbe un’immediata sterzata, e aggiungeremmo sferzata, affinché le parole di quegli incontri si trasformino in realtà. A beneficio di aziende e territorio.
In uno dei casi in esame, addirittura, il nulla osta che l’ente avrebbe dovuto rilasciare, è bloccato da mesi e mesi. Parliamo di una struttura a ridosso dell’area dove potrebbe nascere il tanto chiacchierato biodigestore di Selva Dei Muli a Frosinone, il cui ultimo incontro per l’avvio dell’iter ci sarà proprio tra una manciata di settimane. Ecco che, dunque, viene da chiedersi se certi “ritardi” siano solamente un caso. È proprio in queste situazione, infatti, che si ha sempre più la percezione che questi “ufficietti” diventano veri e propri centri di potere che riescono a influire e influenzare il futuro di un territorio. Spesso anche a causa del fatto che enti così importanti hanno sempre alle spalle la politica. E dove c’è la politica, si sa, mai niente è certo e matematico. E, soprattutto, giusto.