Sora, usura ed estorsione: sette anni da incubo per un noto medico
La Polizia di Stato di Frosinone ha dato esecuzione a quattro misure cautelari personali emesse dal GIP del Tribunale di Cassino nei confronti di due uomini di 36 e 40 anni e due donne, rispettivamente di 29 e 33 anni, tutti appartenenti ad una famiglia Sinti residente a Sora, già nota alle cronache dal momento che molti dei suoi componenti sono notoriamente dediti ai delitti di usura, spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsione.
Le indagini della locale Squadra Mobile sono partite nei primi mesi di quest’anno dopo che la vittima, un noto medico della provincia, in preda all’esasperazione, si era deciso a sporgere denuncia.
Il professionista ha così raccontato il suo calvario, iniziato nell’anno 2016, a seguito di un accertamento tributario si era trovato in un improvviso e grave stato di difficoltà economica.
Un suo conoscente, al quale aveva confidato la sua grave situazione finanziaria, gli aveva consigliato di rivolgersi ad un tale di nome Marco, conosciuto a Sora come riferimento per risolvere situazioni economiche difficili ed al quale in molti si rivolgevano per ottenere aiuto.
Al primo incontro, in cui la vittima aveva avanzato la richiesta di un prestito di 5000 euro, il presunto “benefattore” si era reso subito disponibile ad aiutarlo, dietro la promessa di riottenere al termine di 30 giorni la restituzione della somma di 7500 euro. Il malcapitato però non era riuscito a restituire nei termini fissati l’intera somma e da quel momento erano iniziati i suoi gu
Il poveretto infatti era stato costretto a versare settimanalmente al suo aguzzino una somma di denaro che variava da poche centinaia di euro a somme più cospicue. Il finto benefattore si era rivelato infatti un usuraio, un rom appartenente ad una nota famiglia Sinti stanziata a Sora, già noto alle forze dell’ordine e coinvolto in passato in vicende analoghe ai danni di imprenditori locali oltre che in indagini relative allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Lo stato di soggezione e la paura erano tali che il malcapitato era stato anche costretto, dietro minaccia, a noleggiare e simulare il furto di una vettura di grossa cilindrata. Il veicolo in realtà era stato consegnato all’usuraio, che ha potuto così venderlo illegalmente.
Il malvivente, per ottenere il denaro non si era fermato nemmeno dopo essere stato arrestato nel 2020, nell’ambito dell’operazione della Squadra Mobile di Frosinone denominata “Requiem”, dal momento che per tempestare di telefonate e messaggi minatori il medico si era avvalso anche di alcuni suoi familiari, il fratello e due sorelle, tutti già gravati da precedenti penali per spaccio di sostanze stupefacenti, usura ed estorsione.
Le minacce, rivolte non solo alla vittima ma anche all’integrità fisica dei suoi due figli, ad ogni ritardo e ad ogni mancato pagamento diventavano sempre più gravi e pesanti, e in più occasioni i criminali si erano pure presentati personalmente sul posto di lavoro della vittima con la pretesa di ottenere il denaro.
Il medico, temendo per la sua incolumità ma soprattutto per quella dei suoi due figli, non era più riuscito a sottrarsi alle richieste dei suoi aguzzini fino a che, in preda all’esasperazione e al terrore, all’inizio di quest’anno è riuscito a trovare la forza per riferire quanto gli era capitato negli ultimi sette anni. Dal suo racconto sono emersi elementi tali che hanno delineato chiaramente il modus operandi di questi criminali che, approfittando del grave stato di bisogno della vittima di turno, riescono a catturarne la fiducia, andando ad affermarsi come l’unica ancora di salvezza alla quale è consentito aggrapparsi e alla quale fare riferimento, nell’illusione di riuscire prima o poi a sottrarsi a quella morsa.
Questi elementi, ben descritti dagli investigatori, sono stati determinanti per l’emissione delle due misure cautelari della custodia cautelare in carcere per i due fratelli e per l’emissione del divieto di dimora nelle regioni Lazio, Abruzzo, Molise e Campania di una delle due sorelle, mentre per l’altra è stato disposto il divieto di dimora nel Comune di Sora. Il Gip infatti ha ritenuto che solo il carcere per i fratelli e i divieti di dimora per le sorelle saranno sufficienti ad impedire agli stessi di continuare ad assillare la vittima.
Dalle indagini è stato possibile accertare che la vittima aveva certamente versato una somma superiore ai 70 mila euro, ma non si esclude che il denaro indebitamente ottenuto dagli usurai sia molto di più.