Medaglia d’Oro alla Provincia di Frosinone, giustizia dopo 80 anni (video)

La definirei una giornata particolare se affermarlo non richiamasse il titolo dell’enorme film di Ettore Scola che narrava le ore indimenticabili di Mastroianni e Loren nell’intimità delle loro solitudini mentre Roma ospitava Hitler. Il 25 Aprile non richiama affatto, dunque, quei momenti ma per la Ciociaria, per la Provincia di Frosinone tutta, la particolarità di questa Festa della Liberazione ci sta tutta.

In questo 25 Aprile 2024 infatti la Provincia di Frosinone ha visto fregiare il suo Gonfalone con la Medaglia d’Oro al Merito Civile. Un simbolo che è, finalmente, dopo 80 anni, il riconoscimento di quanto questa terra e le sue genti hanno subito, non soltanto supinamente, come ha riconosciuto lo storico Paolo Mieli nella sua Lectio Magistralis, ma operando una resistenza ante litteram, prima della Resistenza.

Il merito del riconoscimento si deve assolutamente al Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. E’ stato lui a riconoscere la verità e a voler compiere il gesto, non a caso nel giorno del 25 Aprile, per rendere d’ora avanti giustizia a quello che fu: non soltanto l’orrore delle violenze delle truppe coloniali al seguito degli Alleati (Mieli ha anche fatto capire che non furono solo i soldati con la pelle scura a perpetrare quelle mostruosità: ha fatto comodo attribuire solo a marocchini e algerini la bestialità) ma quanto accadde prima, negli otto mesi precedenti, quelli che hanno visto la terribile occupazione dei tedeschi, che ha contato centinaia di bombardamenti, distruzioni delle città, un enorme numero di vittime civili non ancora quantificato per intero: un popolo, quello della Ciociaria, massacrato due volte. Dai tedeschi occupanti e dai liberatori. Nonostante ciò un popolo che non si è mai dato per vinto, che ha saputo rischiare la fucilazione nascondendo agenti degli Alleati, accudendo soldati feriti, nascondendo gli oppositori. Un popolo “che ha saputo vedere oltre l’orrore e non si è fatto trascinare nell’odio”. Ha detto Mieli.

Ecco dunque alcuni attimi della giornata speciale che finalmente ha reso giustizia alla provincia di Frosinone e alle sue genti di ottant’anni fa: alcuni tratti del discorso di Paolo Mieli, le dichiarazioni del Ministro Matteo Piantedosi e del Presidente della Provincia di Frosinone, Luca Di Stefano e il discorso per intero pronunciato dal sindaco di Frosinone, Riccardo Mastrangeli che sintetizza molti fatti, racchiude la motivazione del conferimento della Medaglia d’Oro ed è molto significativo

IL DISCORSO DEL SINDACO DI FROSINONE, RICCARDO MASTRANGELI

“Il 25 Aprile per il nostro Paese è un giorno di Pace, di Democrazia, di Diritti e di Eguaglianza in cui ricordiamo e ringraziamo ancora i partigiani cattolici, comunisti, repubblicani, socialisti, azionisti, liberali, ebrei e le forze alleate di liberazione, ma soprattutto è la data di fondazione della nostra esperienza democratica, di cui la Repubblica è presidio con la sua Costituzione.

La provincia di Frosinone, da oggi, ricorderà il 25 aprile anche come la data di questa importante cerimonia, con la consegna della medaglia d’oro al merito civile, alla presenza del Ministro dell’Interno on. Matteo Piantedosi – che ha curato personalmente tutte le iniziative relative al conferimento di questo prestigioso riconoscimento, ed a cui il nostro territorio è grato per la testimonianza di attenzione e di vicinanza tributatagli – e alla presenza delle autorità, dei sindaci e dei tanti cittadini intervenuti che saluto stamattina.

“Territorio di rilevante importanza strategica, in quanto posto a ridosso della “Linea Gustav” e attraversato dalla via Casilina, maggiore arteria di collegamento tra la Capitale ed il Sud del Paese, dal 10 settembre 1943 fu teatro di una violenta occupazione militare e subì devastanti bombardamenti che causarono la distruzione di ingente parte del patrimonio edilizio e culturale”, si legge nella motivazione del conferimento. “La popolazione, oggetto di feroce barbarie e costretta allo sfollamento, sorretta da eroico coraggio, profonda fede nella libertà ed altissima dignità morale, sopportava la perdita di un numero elevato di concittadini ed indicibili sofferenze, offrendo un luminoso esempio di abnegazione, incrollabile fermezza ed amore patrio. 1943/1944 – Provincia di Frosinone”.

Alle “immani sofferenze subite”, il nostro territorio ha risposto con “straordinaria resilienza”.

Nel riannodare il filo della memoria degli eventi bellici, non possiamo non fare riferimento alla Linea Gustav, alla devastazione dell’Abbazia di Montecassino e della Città di Cassino, così come di molti altri centri abitati della zona, insieme al ricordo degli stupri delle truppe coloniali francesi in Ciociaria (le marocchinate), sottolineando, al tempo stesso, la forza, la determinazione, la grande dignità dei cittadini della provincia che, rimboccandosi le maniche, si adoperarono per la ricostruzione, nonostante l’epidemia di malaria. Gli episodi più noti del periodo bellico nel nostro territorio sono senz’altro legati alla storia militare della battaglia di Cassino, materia di interesse per molti studiosi di tutto il mondo, poiché da tutto il mondo provenivano i soldati che vi parteciparono. Anche se in misura inferiore, il dramma della guerra coinvolse molti altri centri, piccoli e grandi, vicini e lontani che fossero, rispetto al fronte.

Tanti gli storici locali che hanno contribuito custodire e tramandare la memoria dei tragici eventi della seconda guerra mondiale: non possiamo non ricordare le figure di Maurizio Federico, Costantino Jadecola, Angelino Loffredi, Paolo Sbarbada, Alessandro Campagna.

Negli ultimi mesi del 1943 gli opposti schieramenti tedesco ed alleato erano attestati su una linea ad oltre 50 chilometri di distanza da Alatri ed Anagni, e precisamente sulla famosa Linea Gustav, formidabile schieramento difensivo approntato dall’esercito tedesco nell’autunno del 1943. Tale linea difensiva andava dall’Adriatico al Tirreno, attraversando la valle del Sangro, il massiccio delle Mainarde, Cassino ed i Monti Aurunci. Senza soluzione di continuità campi minati, ricoveri, baraccamenti, trincee ed ogni altro approntamento difensivo erano disposti lungo questa linea, che richiedeva un enorme sforzo non solo in termini economici, ma anche di gestione delle risorse umane, come si direbbe oggi. Lavoratori italiani sfollati e rastrellati… rappresentavano una manodopera molto conveniente per l’esercito tedesco.

Il Lazio fu certamente tra le regioni italiane più segnate dal passaggio della guerra. Due fronti aperti – quello della “Linea Gustav” sul Garigliano e quello di Anzio/Nettuno – sui quali si svolgono intensi combattimenti, l’altissima concentrazione di truppe, in primo luogo tedesche, la martellante attività aerea alleata, le evacuazioni forzate e le difficoltà di approvvigionamento, requisizioni e repressione antipartigiana travagliarono la vita della popolazione di questa regione.

Dopo una prima fase nell’estate 1943, seguirono cinque mesi di intensi combattimenti. Ricordiamo le battaglie di Montecassino, tra il gennaio e il maggio 1944, e quelle sul fronte di Anzio, le fallite sanguinose controffensive tedesche di febbraio e marzo e, infine, l’ultima spallata delle truppe alleate che, in meno di quattro settimane, portò alla liberazione del Lazio. Da evidenziare che la presenza tedesca fu particolarmente consistente.

Una intera armata, la 14a, forte di 145.000 uomini, e buona parte dei 174.000 della 10a armata erano dislocati sul suo territorio, concentrati in particolare in prossimità del fronte sul Garigliano, a est e sud-est della provincia di Frosinone, e della testa di ponte di Anzio, a sud di Roma. La provincia di Frosinone, nel sanguinoso quadro del secondo conflitto, pagherà un prezzo altissimo per poter permettere agli alleati di sferrare il colpo decisivo per mettere in ginocchio la Germania e liberare così l’Europa dalla minaccia nazista. Mentre le truppe tedesche erano profondamente impegnate nelle battaglie sul nostro territorio, americani e inglesi preparavano lo sbarco sul continente, quel famoso D-Day del 6 giugno 1944. Il fronte corre da Le Havre a Cherbourg in Normandia. Una sorpresa per i tedeschi che aspettavano l’attacco sulla Manica, al Pas de Calais, e non vogliono ammettere di essersi sbagliati.

La promessa di Churchill

Torna alla memoria la promessa di Churchill nella drammatica notte del 2 agosto 1940, quando tutto sembrava perduto: «Ricordate: non ci fermeremo, non ci stancheremo mai, non cederemo mai; l’intero nostro popolo e l’Impero Britannico si sono votati al compito di ripulire l’Europa dalla peste nazista e di salvare il mondo dal nuovo Medioevo… e il mattino verrà». E se quel mattino è arrivato, è anche grazie all’estremo sacrificio della provincia di Frosinone e dei suoi abitanti, che fu immolata per lungo tempo al fine di liberare l’Europa. La nostra, è stata una popolazione civile che ha vissuto sulla propria pelle anche l’immane dramma delle violenze ad opera dei goumiers francesi. Donne, ma anche uomini e bambini, stuprati a migliaia; violenze inaudite, gratuite, umilianti, che non hanno avuto giustizia.  Ricordo che solo nella provincia di Frosinone sono state riscontrate 60.000 violenze da parte delle truppe del generale Alphonse Juin.

“Marocchinate” una tragedia nascosta

Per troppo tempo la tragedia delle marocchinate finì racchiusa nei sotterranei della storia, bollata come una verità scomoda e da nascondere. Una tragedia, invece, di cui abbiamo il dovere di parlare, come hanno fatto, con il linguaggio immortale della letteratura e della settima arte, Alberto Moravia e Vittorio De Sica. Non dobbiamo dimenticare le responsabilità di coloro che si sono macchiati di crimini terribili e il dolore delle vittime innocenti. Una ferita – quella delle migliaia di donne che hanno perso la vita o sono state segnate, per tutta l’esistenza, da malattie, pregiudizi e sofferenze indicibili – che resta indelebile, impossibile da rimarginare. Vallecorsa, Esperia, Castro dei Volsci, Ceccano e Pofi furono tra i centri più colpiti da questa terribile tragedia. Il grido di dolore delle donne e di tutte le vittime delle marocchinate è espressione della sofferenza di una terra intera e di una disumanità che, purtroppo, si perpetua ogni qualvolta l’odio e la violenza prendono il sopravvento sui valori della pace, della coesione sociale, del rispetto, del dialogo.

Altissimo anche il prezzo pagato dalla Città di Frosinone nel corso del sanguinoso conflitto bellico. A partire dall’11 settembre 1943, fino a tutto maggio 1944, Frosinone fu infatti colpita ininterrottamente dalle bombe. L’ottanta per cento della città fu raso al suolo, tanto da far esclamare ai soldati canadesi in un messaggio al proprio comando, il 31 maggio del 1944: “La città è vuota e in rovina!”. Tra gli edifici distrutti, quello del Comune, allocato nell’attuale centro storico, a palazzo Berardi. La sanguinosa furia della guerra non risparmiò nemmeno la Chiesa dell’Annunziata, l’intero borgo medievale sviluppatosi nella zona di Via Cavour, la caserma dei Reali Carabinieri (area su cui poi fu edificata la Banca d’Italia, dove ha oggi ha sede il Comune di Frosinone), il tratto finale di Via Vittorio Emanuele (oggi Corso della Repubblica). Ingenti danni furono riportati dal Palazzo Apostolico, oggi sede della Prefettura, dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta, dalla sede del Liceo Classico Turriziani e dalla Chiesa di Santa Lucia. A valle, la Stazione Ferroviaria e il Santuario della Madonna della Neve furono distrutti. La città pianse centinaia di morti; tantissimi i feriti. Da un censimento dell’anno successivo, risultò che l’intera popolazione della parte alta della città, circa 8.000 persone, rimase senza tetto.Alla fine della guerra Frosinone risultò il Capoluogo di provincia più devastato in rapporto al numero di abitanti ed al patrimonio edilizio.

In considerazione dei tragici eventi vissuti nel corso del conflitto bellico, al capoluogo fu conferita, nel 2004, la medaglia di bronzo al merito civile, dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con la seguente motivazione: «Frosinone, città semidistrutta dai ripetuti bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale, presto risorta dalle sue rovine per le virtù civili e la laboriosità dei suoi cittadini».

Mi sia infine concesso di ricordare che la città di Frosinone è particolarmente legata alla figura di Ormisda, patrono del capoluogo con Silverio. Proprio quest’anno, si celebra l’Anno Giubilare Ormisdiano, indetto dal nostro Vescovo, Mons. Ambrogio Spreafico, nella ricorrenza del 1500° anniversario della morte del Santo pontefice. Ormisda fu un uomo di pace, colui che in tempi altrettanto difficili riuscì a riconciliare la Chiesa di Oriente con quella di Occidente. L’auspicio è che il messaggio di pace e di riconciliazione di cui la vita e l’insegnamento di Ormisda sono testimonianza, germogli, con ancora più fermezza, nei cuori di tutti noi”.

Dario Facci

Giornalista, fotoreporter e videomaker. Suoi articoli sui quotidiani: L’Unità, La Repubblica, sui mensili Lo Stato delle Cose, Qui Magazine, Numero Zero, To Be, O. Ha lavorato presso le redazioni di RadioTeleMagia, RTM Televisione, TVN Televisione; ha condotto una trasmissione presso RadioDay. Ha diretto entrambi i quotidiani frusinati Ciociaria Oggi e La Provincia Quotidiano; coordinatore dell’edizione provinciale del quotidiano L’Opinione diretto da Arturo Diaconale; direttore del bimestrale di cucina professionale Accademia del Buongustaio; direttore del mensile Perté, del settimanale Perté Week e del quotidiano online Perté Online. Suoi articoli appaiono su TG24.info, sul quotidiano online TuNews24.it e sul settimanale cartaceo Tu News. È autore dei blog dariofacci.it e lacucinadellazio.com. Sue fotografie sono state pubblicate da giornali italiani ed esteri.